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Il Perdono

Il dolore: un nemico 'amico'

di E. T.

 

Che cosa facciamo quando vogliamo evitare di soffrire a causa delle persone che vengono a stuzzicare le nostre ferite? La descrizione che segue è semplicemente la storia della maggior parte delle persone che soffrono, e molte di esse si sentono condannate a vivere una vita d'inferno perché non sanno che al loro male c'è un rimedio, nessuno ha detto loro che esiste una cura che può guarirle dalle loro sofferenze, piccole o grandi che siano.

Ecco come io vedo l'esistenza di molti di noi: viviamo sempre all'erta, sulla difensiva; cambiamo marciapiede tutte le volte che vediamo un probabile "attentatore" alla nostra ferita nascosta; cacciamo dalla nostra vita tutte quelle persone che, anche se amiche, potrebbero toccarci proprio nel punto dolente e, quando non possiamo farlo, magari perché chi ci fa soffrire è un membro della nostra famiglia, troviamo il modo di tenerlo a distanza, per evitare che ci ferisca.

Che dire, inoltre, delle persone che ci hanno fatto sanguinare la "piaga" in passato? Potremmo pensare: "è facile, non li vedo più, mi tengo ben lontano da loro, se li incontro per caso approfitto dell'occasione per restituire il colpo, così mi tolgo la soddisfazione, e vivo tranquillo e sereno!" Sembra un discorso ben collaudato, vero? Tuttavia, se pensiamo all'ultima volta che qualcuno ci ha feriti, ci vengono le lacrime agli occhi, o ci assale la rabbia, la delusione, la tristezza, il risentimento, il rancore, il desiderio di vendetta o rivalsa.

In poche parole, ci accorgiamo che il passato ha ancora del potere su di noi. La ferita non è guarita, e quando sanguina crea una prigione di dolore. Quando saremo liberi? I sentimenti negativi quali il risentimento o il rancore non guariscono da soli: sono come dei lacci che piantiamo nella nostra ferita, per poi gettarli attorno alle persone che ci fanno soffrire, legandole a noi sempre, a meno che non decidiamo consapevolmente di scioglierli. Questi lacci che "escono" dalla nostra ferita, ci provocano degli atroci tormenti. Per annullare questi tormenti, dobbiamo liberare la nostra ferita da tutte queste corde, affinché essa sia libera di chiudersi, e noi troveremo la pace.

Se invece rifiutiamo di perdonare, e decidiamo di non liberarci di queste corde, possono succedere fondamentalmente due cose. E' importante precisare che queste due "possibilità" non si escludono a vicenda, anzi di solito ci tormentano entrambe, e spesso contemporaneamente. La prima "soluzione" che abbiamo è quella di continuare a tirare la corda con forza, spinti dall'aggressività e dal desiderio di vendetta, finché non riusciremo a "soffocare" l'altra persona, oltre che a rendere amara e priva d'amore la nostra vita, e a far sanguinare sempre più copiosamente la nostra ferita. Questa ossessione vendicativa può assumere diverse forme, tra cui: aggressione diretta - fisica o verbale -, vittimismo e calunnia.

Se invece ci incamminiamo sulla seconda "strada", capiterà una cosa ben più strana. Immaginiamo di aver gettato quel famigerato laccio nel momento in cui qualcuno ci ha feriti perché, soffrendo, abbiamo avuto sentimenti di odio verso quella persona che era la causa dei nostri tormenti. Poi sono passati gli anni, non proviamo più risentimento e desiderio di vendetta, il dolore è stato coperto dalla polvere del tempo, e ci siamo addirittura dimenticati della persona che ci aveva a suo tempo fatto del male. Sembra un quadro di guarigione, vero?

In una casa che non viene visitata per molto tempo, si accumula uno spesso strato di polvere sui mobili, ma sotto di esso, il colore del legno è sempre lo stesso. Torniamo in questa casa dopo anni di abbandono, prendiamo uno straccio e spolveriamo: il mobile torna come nuovo. Questo è l'effetto "coprente" del tempo. Il tempo, contrariamente a quanto si dice, non guarisce nessuna ferita, ma le copre tutte, tanto da permetterci di non preoccuparcene più, e noi ci sentiamo guariti. L'effetto curativo del tempo è più paragonabile ad uno stato di amnesia che a una effettiva guarigione. Ci siamo dimenticati l'odio, ma non ci siamo liberati di quella corda con cui, a causa del rancore che provavamo, abbiamo legato l'altra persona e noi stessi. Dobbiamo sciogliere questo nodo se vogliamo vivere in pace e serenità, se non vogliamo più essere prigionieri.

Ma come facciamo a vedere una "corda" che non ricordiamo neanche di aver gettato? L'universo, o Dio, non è indifferente a queste corde: lui vuole che noi, che siamo i Suoi amati figli, viviamo liberi e felici nell'amore, ma non può slacciare i nodi che noi abbiamo creato in vece nostra . E' una promessa che ci ha fatto: il libero arbitrio. Abbiamo la libertà di soffrire per tutta la vita, come abbiamo la libertà di liberarci dalle prigioni che ci siamo creati e vivere nella pace e nella gioia.

Immaginate un padre amorevole che vede i suoi figli legati gli uni agli altri da lacci di odio e rancore. Non solo sono imprigionati e tristi, ma si sono anche dimenticati di essersi legati. Allora che cosa potrebbe fare questo padre? Potrebbe cercare di farci ricordare quel laccio che abbiamo gettato, in modo tale da poterlo sciogliere ed essere finalmente liberi. Vi è un solo modo mediante il quale l'universo può raggiungere questo scopo, ed è presentandoci persone simili a quelle che abbiamo legato, con la speranza di ricordarcele e di farci capire che le dobbiamo liberare.

Potrebbe succedere in questo modo: arriva qualcuno nella nostra vita, per esempio un amore, e tutto diventa bellissimo. Piano piano, però, quella stessa persona inizia a stuzzicarci la nostra ferita, proprio come aveva fatto tempo prima quel certo individuo che credevamo di aver dimenticato. Allora sanguiniamo di nuovo, soffriamo di nuovo, piangiamo di nuovo, odiamo di nuovo e, forse per la centesima volta nella nostra vita, ci si presentano due strade: gettare di nuovo una corda attorno a qualcuno e tirare fino a distruggerci, oppure dire finalmente "Sanguino! Che male! Allora vuol dire che ho una ferita! Vado subito a farmi prescrivere le medicine per curarla, così guarisco e non sanguinerò mai più!"

Il processo che ho descritto non è un gioco, è piuttosto una specie di legge universale: finché avremo in noi una ferita, arriveranno sempre persone a stuzzicarcela, facendoci a volte molto male. Se noi reagiremo con risentimento nei confronti di quelle persone, aggiungeremo al dolore della nostra ferita il dolore e la distruzione dell'odio, e questo impedirà alla nostra ferita di rimarginarsi Chi ha scelto di curarsi col perdono, e ha perdonato tutte le persone per le quali provava sentimenti negativi, ha sperimentato che una volta che la ferita si è richiusa, non arriva più nessuno a stuzzicarla, come se "quel punto", che prima attirava diversi aggressori, non esistesse più. Non sempre è così: a volte arrivano altri aggressori, ma non ci feriscono più, non hanno più potere su di noi. Allora ci rendiamo veramente conto che siamo guariti, e che abbiamo acquisito una capacità di amare le persone, anche chi ci fa del male, con un'intensità che non avevamo mai sperimentato prima. Quando arriviamo a questo punto, siamo veramente grati alle persone che ci hanno ferito in passato perché, paradossalmente, se non ci avessero messo il dito nella piaga, non avremmo potuto vederla e guarirla.

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