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I Racconti

LA CANDELAIA NELLA CASA DI MANGIAFUOCO

di

Alessandra Marino

 

C’era una volta una ragazza che aveva le mani d’oro. Infatti, tutto quello che lei lavorava con le mani, diventava un potente portafortuna.

Lei era molto brava a creare dei piccoli oggetti con la creta, a decorarli e a lucidarli, ma anche quando si metteva a disegnare o ad impastare la farina per fare il pane, il suo movimento era così armonioso che tutte le campane del cielo suonavano a festa.

Però, nonostante tutti i suoi pregi, la ragazza era molto povera.

Questo perché non era a conoscenza della rarità delle sue doti, e così lei dava via le sue creazioni in cambio di un pasto frugale.

Così avveniva, un anno dopo l’altro, che tutti i suoi clienti le compravano uno o due oggetti e poi, riempiti dalla fortuna che questi piccoli vasi di Pandora racchiudevano, sparivano verso ignote e luminose destinazioni e la ragazza restava sempre sola, senza clienti e senza il becco di un quattrino.

Solo una volta un cliente le restò accanto per molti anni. Ma a dire il vero questa non fu proprio un fortuna per lei.

Infatti, questo cliente era l’uomo più sfortunato del mondo. Non riusciva mai a fare nulla di buono, tutti lo avevano volontariamente abbandonato, e quando trovava un lavoro, riusciva a far fallire tutta la ditta dove lui era solo l’ultimo degli impiegati.

Una volta quest’uomo senza nome - è poco prudente, infatti, per tutti noi conoscerne il nome - vide per caso la ragazza. Lei passeggiava senza meta, con lo sguardo perso nei suoi pensieri e la leggerezza nel cuore. L’uomo ne fu terribilmente affascinato e la seguì. Quando scoprì che lei vendeva piccoli oggetti, per poterla avvicinare ne comprò subito uno.

Preso in mano l’oggetto, l’uomo senza nome, per la prima volta nella sua vita, abbozzò un sorriso che però si manifestò come un ghigno satanico.

La ragazza ne fu spaventata e fuggì subito via di corsa.

Il giorno dopo, spinta dal bisogno, la ragazza tornò al mercato e lui era già lì ad aspettarla. Quando lo vide, la ragazza piroettò su se stessa, ma lui la raggiunse e riuscì a comprare tutte le belle cose che lei aveva da vendere.

Preso tutto il fagotto, l’uomo senza nome si sentì come sollevato da un grosso peso, e respirò a pieni polmoni.

Così per un mese di seguito, l’uomo senza nome aspettò la ragazza davanti alla sua casa, e ogni volta che lei metteva un piede fuori dalla soglia, lui le comprava tutti i suoi lavori per farla tornare subito a inventare nuovi oggetti.

La ragazza così, dopo i primi momenti di giustificata diffidenza, col tempo si tranquillizzò e piano piano si affezionò a lui.

Non si accorse, infatti, che questo incontro la stava sempre più privando delle sue forze, che non le permetteva più di andare al mercato, di incontrare i suoi amici di sempre, di passeggiare sotto il sole e la pioggia e, in definitiva, di camminare a braccetto con la vita.

Così a poco a poco l’uomo senza nome divenne l’unica persona con cui lei aveva contatti. Lui le raccontava sempre tutti i suoi guai - che erano notevolmente diminuiti dall’inizio, ma assolutamente superiori a quelli di chiunque altro - e lei cercava ogni giorno di creare nuove forme e disegni, che potessero alleviare un po’ queste sofferenze.

Il risultato fu che lui si sentì discretamente, ma lei era ormai senza più risorse. Così alla fine, la povera ragazza ebbe bisogno di lui e lui pensò di aver trovato finalmente l’amore. Quando i due andarono a vivere insieme, lui aveva cominciato una nuova vita con qualche piccola soddisfazione, lei invece riusciva solo a creare oggetti pieni di sofferenza e dolore. Questa, infatti, era la sola risorsa rimasta alla piccola ragazza per poter tirare fuori tutti i mondi bui sotto cui, l’uomo senza nome, l’aveva a poco a poco seppellita.

Ma a forza di lavorare senza tregua per tirare fuori tutto questo male, le mani della ragazza si trasformarono. L’oro che le ricopriva fin dalla nascita, incontrando solo rabbia, infelicità e dolore cominciò a sporcarsi e alla fine diventò piombo. Così la ragazza si ritrovò con mani di piombo pesanti, pigre e inutili.
Questo fatto rappresentò per lei il dolore più grande della sua vita e, non potendo più sopportare la visione di questi arti diventati ormai brutti e diseredati, la ragazza si ammalò e cadde in un sonno profondo che durò molti mesi .

A questo punto l’uomo senza nome, abbandonò la povera malata a se stessa per andare a cercare qualcun altro in grado di prendersi cura di lui.

La ragazza invece, nel suo sonno profondo fece un viaggio nel più remoto angolo di se stessa. La sua anima andò a raschiare il fondo dell’inferno e lì, non si sa come, riuscì a recuperare le sua piccole mani d’oro. All’inizio erano molto sporche, incrostate, graffiate da ferite profonde, ma dopo un restauro certosino tornarono ad essere funzionali.

Quando la ragazza si svegliò e tornò alla vita, le sue mani non erano ancora in grado di creare, però le permisero di ottenere un lavoro di lavapiatti in un ristorante. Per un anno intero la ragazza lavò piatti su piatti. Levò incrostazioni, grasso, rifiuti e così facendo, sotto fiumi di acqua corrente, come per magia, anche la sua anima fu lavata.

Un giorno, tornata stremata dal lavoro, la ragazza si accorse di non avere nulla da mangiare. Nella dispensa trovò solo un pizzico di farina e così decise di farsi del pane. Cominciò ad impastare, e a poco a poco ritrovò la gioia nelle sue mani. Mise l’impasto nel forno e dopo poco ne uscì un profumo così intenso e sublime che si propagò per tutto il vicinato.

Subito sentì bussare alla sua porta. Era una vicina che stava preparando una cena per degli ospiti molto importanti, e che, a tutti i costi, voleva avere quel pane sulla sua tavola. La ragazza le cedette il suo pane e in cambio la vicina le portò una porzione di tutti i manicaretti prelibati che stava cucinando da un’intera settimana. La ragazza dopo quella cena deliziosa si senti nuovamente in armonia con il mondo e andò a dormire felice.

Il giorno dopo uscì di casa e, invece di andare al lavoro di lavapiatti, la ragazza tornò al mercato. Qui ritrovò tutti i suoi vecchi amici che non l’avevano dimenticata e fu grande festa. Qualcuno, per darle il bentornato, le regalò un grande blocco di cera colorata. Tornata a casa, come se non avesse mai fatto altro nella vita, la ragazza si mise subito a lavorare la cera e creò le candele dalla forma più originale e armonica che si fossero mai viste in giro.

Il giorno dopo tornò al mercato e fu l’abbondanza. Per tutti. Sia per chi comprava, che per lei che vendeva. La sua fama si diffuse in un batter d’occhio e la ragazza divenne "la candelaia". Tutti in città volevano avere almeno una di quelle famose candele e lei non riusciva quasi a stare dietro a tutte le ordinazioni.

Così la ragazza capì di essere riuscita a realizzare la sua abilità, anche se, nel profondo, una voce sottile le sussurrava che il suo viaggio non era ancora finito perché mancava ancora la sua casa.

Un giorno, quando la candelaia aveva già avviato un bel negozio tutto suo, arrivò uno strano tipo dicendo che il suo padrone voleva comprare tutta la produzione dei mesi seguenti. La candelaia fu subito spaventata da questa proposta perché si ricordò dell’uomo senza nome e di come era stata male per causa sua. Così disse: "Se il tuo padrone vuole comprare tutta la mia vita deve almeno venire di persona. Lo voglio vedere in faccia".

Il tipo rispose: "Il mio padrone non esce mai, per nessun motivo al mondo. Ma è molto potente e non è abituato ad essere contraddetto nei suoi desideri. Se rifiuti la sua proposta, lui sicuramente rovinerà la tua vita."

La candelaia pensò: "Se non accetto la sua proposta mi rovinerà la vita, ma anche se accetto non starò certo meglio." Allora decise di prendere tempo. Così disse: "Dì al tuo padrone che farò per lui 1000 candele. E’ un gran numero. Gli dovranno bastare. Appena saranno pronte vi manderò a chiamare."

La candelaia si mise subito al lavoro e cominciò a sfornare una candela dopo l’altra. Ma dal primo giorno di lavoro, lo strano tipo arrivò al negozio e, si piazzò accanto a lei dal mattino alla sera, per sollecitare la consegna.

La candelaia allora decise di giocare d’astuzia e cominciò a nascondere una candela su due di quelle che produceva, per non farsi portare via ancora una volta tutti i tesori che uscivano dalle sue mani.

Passarono così vari mesi e man mano che la candelaia lavorava e creava candele, non solo per l’ignoto acquirente, ma anche per se stessa, la sua anima si rafforzò e riuscì a far suo quel tesoro che aveva sempre dato ad altri.

Un giorno si sentì pronta ad affrontare il suo nemico e così chiamò lo strano tipo che, nel frattempo, le era diventato quasi amico e gli disse: "Ho terminato il mio lavoro. Le 1000 candele sono pronte. Dimmi dove abita il tuo padrone che voglio portargliele oggi stesso."

Lo strano tipo, preoccupato per la decisione della sua nuova amica rispose: "Ma sei pazza? Non puoi andare a casa sua. Può essere molto pericoloso. Non te l’ho detto prima per non spaventarti, ma il mio padrone è il terribile Mangiafuoco. Nessuna ragazza è mai entrata nella sua casa. Dammi le tue candele. Gliele porterò io e gli dirò che dopo avermele consegnate hai abbandonato la città. Così non te ne chiederà altre."

"Ti ringrazio della proposta, rispose la candelaia, ma dopo che ho faticato così tanto per costruirmi questa mia piccola bottega e per fare le 1000 candele, non andrò da nessuna parte, se non ad incontrare Mangiafuoco nella sua stessa casa. Voglio guardare in faccia una volta per tutte questo signore che con le sue minacce si è appropriato della mia vita per tutto questo tempo. Se lui è così pericoloso, io cercherò di non essere da meno."

Così la candelaia prese l’indirizzo del terribile Mangiafuoco e andò a casa. Fu una notte molto lunga quella della candelaia. Non dormì neanche un momento, ma si preparò molto bene per l’incontro del giorno seguente. Era ancora buio quando uscì, e in poco tempo arrivò davanti l’uscio della casa di Mangiafuoco. Preparò un gigantesco vassoio su cui dispose le 1000 candele e appena il sole cominciò a spuntare all’orizzonte, lei bussò alla porta.

Passarono un po’ di minuti prima che si sentissero dei passi dietro la porta e che una voce roca, profonda e un po’ inquietante disse "Chi è che mi disturba a quest’ora?" "Sono la candelaia, signore. Ho appena finito il mio lavoro e sono venuta a consegnarlo di persona per essere sicura di averla soddisfatta."

"Lascia tutto vicino all’uscio, lo prenderò questa sera quando sarà tramontato il sole. E se poi se le candele saranno di mio gradimento, ti manderò i tuoi soldi domani stesso", rispose Mangiafuoco.

"Ma signore, perché aspettare così tanto tempo? Dopo tanto lavoro sono ansiosa di vedere se lei è soddisfatto. Mi faccia entrare, la prego", disse la candelaia.

"Non è possibile. Io non sopporto la luce del sole. Mi brucia dentro. Non aprirò questo uscio fino a questa sera."

"Ma signore, non abbia paura, è ancora buio, il sole non è ancora sorto. Mi faccia entrare solo un attimo così che io possa almeno poggiare le mie candele dentro casa per non farle rovinare", supplicò la candelaia.

"E va bene, ma solo per un attimo" disse Mangiafuoco, che cominciò a togliere tutti i dieci chiavistelli che addobbavano la porta.

Poi aprì piano piano la porta, ma appena l’uscio si dischiuse, un raggio di sole radente entrò diretto negli occhi di Mangiafuoco e lo accecò. Così lui fu costretto a fare due passi indietro, ma appena si riprese dallo stordimento, cominciò ad urlare a squarciagola contro la candelaia: " Mi hai ingannato, maledetta, te ne pentirai!

Nel frattempo la candelaia era riuscita ad entrare in casa col suo vassoio di candele e, quando Mangiafuoco aprì le fauci per lanciare una violenta fiammata contro di lei, la ragazza si riparò col vassoio e tutte le candele si accesero di colpo. Fu una scena spettacolare, mai vista prima. La casa fu inondata da una luce fortissima, gli stoppini cominciarono prima a friggere e poi fecero nascere delle fiamme altissime, calme e luminose. In un attimo il fuoco di Mangiafuoco perse tutta la sua violenza e le candele della candelaia furono piene di vita come non lo erano mai state. I due rimasero ugualmente attoniti e senza parole.

Mangiafuoco perché il suo fuoco non gli bruciava più dentro con violenza e rancore, ma anzi, quello stesso suo fuoco aveva dato vita ad una luce nobile e regale che scaldava e illuminava producendo un piacere immenso.

La candelaia, invece, perché non aveva mai visto le sue candele così complete e vive, finalmente realizzate nella loro piena essenza.

"Che è successo?" chiese Mangiafuoco con un filo di voce.

"E’ un miracolo" rispose in un fiato la candelaia.

I due si guardarono negli occhi e tra loro nacque un’intesa. Si erano entrambi liberati da un peso e, nello stesso tempo avevano, conquistato qualcosa di molto importante.

Da quello sguardo nacque tra i due un profondo senso di riconoscenza che si trasformò prima in amicizia e poi, col tempo, in amore.

Alla fine la candelaia andò a vivere nella casa di Mangiafuoco e finalmente senti che il suo viaggio era finito.

Così, i due si fusero insieme come se non fossero mai stati separati, e proprio la casa di Mangiafuoco, che per molto tempo era stato il luogo più buio e oscuro della città, in breve divenne la villa più bella, felice e accogliente di tutta la contea.

 

 

ALESSANDRA MARINO

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