VIP home page[Dr. Mario Rizzi - Gli Angeli, conoscerli, amarli e seguirli]

 

COME CONTATTARE L'ALLEATO CELESTE? (2)

Divina presenza in me, possa la tua saggezza dirigere le mie azione, il tuo amore guidare i miei pensieri, la tua luce illuminare il mio cammino. Avvolgimi nella tua radiosa presenza ora e sempre. Amen.

Uomini e Angeli sono divisi ma uniti, vivono in mondi paralleli e complementari: questi esseri di luce, che crediamo tanto lontani, in realtà ci sono molto vicini.

Scrisse sant'Agostino, uno dei grandi Dottori della Chiesa, vissuto nel V secolo: "Di ogni cosa visibile in questo mondo si occupa un Angelo. Gli Angeli sono spirito, ma non è il fatto di essere spiriti a renderli Angeli. Divengono Angeli quando vengono mandati. Il nome Angelo, infatti, si riferisce alla loro funzione, non alla loro natura. Se chiedete il nome di questa natura, allora è spirito; se chiedete il loro ruolo, allora è quello di Angelo, che vuol dire messaggero".

Ogni individuo - credente o ateo, buono o cattivo che sia - ha accanto un'entità invisibile, di natura spirituale, dotata di eccezionale intelligenza e di straordinari poteri, perché porta in sé una parte dell'energia divina che anima la creazione e che viene messa a disposizione del suo protetto.

Gli Angeli possono entrare in contatto con gli uomini sotto svariate forme e diversi modi: generalmente lo fanno fornendo l'idea giusta per la soluzione di un problema, l'ispirazione per un'opera d'arte o la scelta di un comportamento. Assai raramente si presentano sotto le vesti di persone comuni o come figure di luce.

Cerchiamo ora di capire qual'è la natura e quali sono le caratteristiche del nostro rapporto con l'Angelo custode. Per cominciare, sembra proprio che la sua presenza e la sua assistenza non siano qualcosa in più, qualcosa di cui si possa, volendo, fare anche a meno.

Nella sua autobiografia Carl Gustav Jung afferma di aver rilevato, attraverso l'esame di migliaia di pazienti assistiti nella sua lunga carriera di psicologo, che oltre il novanta per cento della sofferenza psicologica è imputabile a carenze spirituali. Non è vero dunque che i beni materiali, la ricchezza e il successo riempiano la vita; per essere veramente e intimamente felice l'uomo ha bisogno di ben altro, ha bisogno del pane dello spirito. Lo afferma anche Gesù: "Cercate prima il regno e la giustizia di Dio e tutte le altre cose vi saranno date in sovrappiù" (Matteo 7:33).

Disse una volta Albert Einstein: "Ogni essere umano è parte di un insieme chiamato Universo. Egli sperimenta i suoi pensieri e i suoi sentimenti come qualche cosa di separato dal resto: una specie di illusione ottica della coscienza. Un'illusione che diventa una prigione. Pertanto, per vivere sereni, dobbiamo cercare di liberare noi stessi da questa prigione allargando il nostro circolo di comprensione e conoscenza, sino a includervi tutte le creature viventi e la natura intera nella sua bellezza".

La svolta culturale del nostro secolo, avviata da Einstein con la scoperta del principio di relatività, ha mostrato come ciascuno di noi non è affatto isolato dagli altri, ma è parte indispensabile dell'umanità, che si può considerare come il corpo vivente composto da "miliardi di cellule", ovvero quanti sono gli esseri umani.

Tornando all'Angelo custode, abbiamo visto che è un messaggero della divinità: suo compito principale è quello di creare un ponte con Dio e di indicare all'individuo, pur nel rispetto della sua libertà, la strada che conduce alla Divinità. Egli, passo, passo, segue l'uomo nella sua esistenza, lo guida, lo illumina e lo protegge nelle avversità.

Molti sostengono che la vera funzione dell'Angelo, più che protettiva nelle piccole e grandi difficoltà della vita, debba essere illuminante: l'Angelo cioè rappresenterebbe per l'uomo una guida spirituale, che lo indirizza in senso morale e lo aiuta nella sua evoluzione spirituale, in una lunga spirale di perfezionamento progressivo, secondo una creazione che continua incessantemente in tutto l'Universo.

Alcune utili indicazioni (2)

Se noi non riusciamo a "essere", cioè a essere noi stessi, genuini, disponibili verso gli altri e aperti al mondo, è assurdo pensare di entrare in contatto con i Mondi Spirituali. Per questo è importante anche lo stile di vita. Non solo quando tentiamo di metterci in comunicazione con gli Angeli, ma in ogni momento dobbiamo cercare di essere padroni di noi stessi, delle nostre emozioni, dei nostri impulsi.

Dovremmo riuscire a ritagliare in ogni nostra giornata, per quanto è possibile, lunghi momenti di tranquillità, di rilassamento; coltivare il silenzio, soprattutto quello interiore.

Dovremmo riuscire a essere più disinteressati e non dimenticare mai che siamo l'infinitesima parte di una realtà collettiva e unitaria chiamata umanità e che ci realizziamo pienamente come individui solo quando siamo in relazione con gli altri e soprattutto quando operiamo in favore degli altri senza aspettarci nulla da loro. Ottima cosa sarebbe quindi, quando ci si rivolge all'Angelo, pregare anche per il "prossimo" e per le sue necessità.

Un modo, estremamente importante, per comunicare con l'Angelo è la preghiera, una preghiera espressamente concepita per lui e a lui indirizzata.

Per cominciare, ricordiamo la famosa preghiera della Chiesa cattolica "Angelo di Dio, che sei il mio custode", che i più hanno appreso sin dalla prima infanzia e che poi forse hanno finito col dimenticare. Ma vi sono tantissime altre preghiere (si veda il capitolo "Preghiere e Invocazioni"), formulate da varie e antichissime tradizioni, indirizzate ad Angeli diversi e riferite ai differenti bisogni e circostanze della vita.

Le preghiere spontanee sono di certo migliori, innanzitutto perché sgorgano dal cuore e poi perché in esse appare una forte partecipazione che si spinge oltre ogni formula standardizzata. Non importa se le parole appaiono inadeguate, le richieste banali e le espressioni ripetitive: ciò che conta è che nella preghiera si ponga se stessi, la propria mente ed il proprio cuore.

 

Va chiarito a questo punto che il culto dell'Angelo custode è qualcosa di assolutamente diverso dal culto verso la Divinità, quale che sia la religione praticata; l'Angelo è un amico, una guida che l'Essere supremo ha posto accanto all'individuo, per aiutarlo nella sua vita quotidiana; con lui quindi vi è un rapporto di fraterna amicizia.

E' proprio in quest'ottica cameratesca, che occorre muoversi, con l'intento di dimostrare all'Angelo i più sinceri e profondi sentimenti, nella convinzione che tutto ciò renderà più facile lavorare con Lui.

L'utilità di un gruppo di preghiera (2)

Molti ritengono opportuno organizzare degli incontri di gruppo (costituiti in genere da poche persone), con l'intento di meditare e pregare. Questi atti, condotti in comune, producono quantità eccezionali di energia e aiutano ciascuno dei partecipanti a procedere sul cammino del miglioramento e della consapevolezza. Le riunioni possono essere anche di breve durata: quello che conta è l'intenzione e l'intensità della partecipazione.

I componenti del gruppo si dovrebbero consultare preliminarmente per accordarsi sullo scopo (iniziative, finalità generali, situazioni, persone) verso cui indirizzare il flusso di energia che verrà prodotto. Nella riunione si procederà raccogliendosi in silenzioso raccoglimento o meditazione; verranno poi rivolte le preghiere e le richieste di intervento. Per terminare è bene recitare una preghiera di chiusura (vedere il capitolo Preghiere e Invocazioni).

Perché non approntare un piccolo altare? (2)

Gli antichi professavano un fervido culto verso i Lari o Penati, sorta di divinità domestiche, che seguivano e guidavano la famiglia in ogni momento dell'esistenza: erano l'equivalente dei nostri Angeli di oggi. Anche i nostri antenati veneravano questi esseri protettori: a essi riservavano un piccolo altare in un angolo della casa, elevavano preghiere al mattino e alla sera, brindavano durante i pasti, offrivano primizie di frutta e fiori. In occasione di un trasloco, dopo aver purificato il nuovo alloggio, la prima cosa che veniva sistemata con grande solennità era appunto l'altare domestico.

Una reminiscenza di questi riti antichi è presente ancora oggi tra noi, anche se si è perduta la consapevolezza originaria: quando i muratori, impegnati nella costruzione di una nuova casa, sono giunti a completare il tetto, celebrano l'avvenimento issandovi dei rami d'albero o una bandiera, versando del vino da un fiasco e infine brindando. Cambiano i simboli, ma il significato è sempre quello: consacrare il nuovo edificio, invocando la benedizione su esso e su quanti andranno ad abitarlo.

Le diverse tradizioni concordano nell'affermare che queste creature celesti amano sentirsi ospitate presso gli uomini di cui hanno responsabilità. Per questo è opportuno preoccuparsi di riservare all'interno della casa un luogo destinato al proprio Angelo e solo a lui. E' sufficiente uno spazio, anche piccolissimo, dove collocare un piccolo altare, vi potremmo porre un'immagine che in qualche modo evochi l'essenza Angelica. Ciò risulta gradito all'Angelo ed utile per la nostra concentrazione.

Può essere sufficiente anche una pianta, o un semplice fiore, che si avrà cura di sostituire ogni giorno, in modo che sia sempre fresco; indipendentemente da cosa si sceglie, l'importante è che sia chiara l'intenzione di dedicarlo all'Angelo. Anche il semplice pensiero che un determinato luogo della casa è dedicato a Lui basterà per segnalargli la nostra disponibilità, il nostro amore e il nostro desiderio di lavorare con Lui. Ed Egli, di certo, non deluderà le nostre aspettative.

Al mattino prima di iniziare la giornata, ed alla sera prima di coricarsi occorre sostare brevemente dinanzi al Suo angolo, elevandogli una preghiera e pensandolo intensamente. In quell'occasione, volendolo, è possibile anche accendere dell'incenso benedetto(*) o una candela, come simbolo della propria intenzione.

In rapporto all'intensità della partecipazione e al fervore della preghiera si creerà un flusso di energia positiva tra l'Angelo e chi lo invoca, e questa energia potrà essere riversata, secondo i propri desideri, su se stessi o, meglio ancora, sulle persone che stanno a cuore o che si ritiene ne abbiano maggiore bisogno.

* Nota sull'incenso.

Suggeriamo a chi desidera bruciare dell'incenso, di usare quello in grani oppure i bastoncini di sandalo. Sconsigliamo tutte le altre forme di incenso in quanto, non essendo puro, produce delle vibrazioni assi basse e pertanto altamente sconsigliabili.

La "disidentificazione" (2)

Beati i puri di cuore, perché essi vedranno Dio.

Matteo 5,8.

La prima cosa da fare, per una vita migliore, è quella che il grande saggio indiano Krishnamurti ha chiamato "disidentificazione".

Praticamente in ogni momento della vita, la nostra mente è occupata da mille pensieri, sostenuti da fantasie, sentimenti, sensazioni. A volte sono pensieri che ci gratificano e che sollecitano il nostro narcisismo, per esempio quando riteniamo di essere i più bravi, più belli, più intelligenti, e che il mondo non possa fare a meno di noi. Altre volte si tratta di pensieri negativi, che derivano da un eccessivo attaccamento alle cose, da una esagerata importanza attribuita ai nostri impegni quotidiani, ma possono essere anche dovuti a timori, preoccupazioni, angosce, problemi di salute: tutte cose che ci tolgono la serenità.

Talvolta il nostro essere è anche coinvolto in realtà che non ci appartengono, che provengono dall'esterno, magari banalità, che però ci invadono, ci infiacchiscono e ci involgariscono: accade sempre più spesso a chi, per esempio, è succube della televisione o dei videogiochi. Ebbene, tutti questi elementi sono altrettanti ostacoli che disponiamo attorno a noi e che, oltre ad alterare e mortificare il nostro "sé" più autentico, impediscono ogni avvicinamento e ogni contatto con altre dimensioni.

L'antidoto a tutto ciò è la disidentificazione, un'operazione al tempo stesso semplice e complessa. Nell'arco della nostra attività quotidiana dobbiamo riuscire a trovare un momento, anche solo di un quarto d'ora (magari alla fine della giornata), in cui, per così dire, spegniamo gli interruttori, stacchiamo gli innumerevoli fili che ci legano alla realtà circostante e riusciamo a ritrovare noi stessi, gli aspetti più veri del nostro io: è il momento della meditazione, di cui appunto la disidentificazione costituisce la premessa.

Occorre cercare un luogo appartato, silenzioso, immerso nella penombra, dove raccogliersi in solitudine; è un silenzio esteriore, che tuttavia concilia in modo profondo quello interiore. Diceva a tal proposito Gesù: "Quando preghi, entra nella tua cameretta e chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto. E il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà" (Matteo 6:6).

Bisogna sedersi in posizione comoda, col busto eretto ma coi muscoli rilassati, senza tensioni, perché il disagio del corpo finisce per soverchiare e distogliere la nostra mente. Una posizione comoda, ma non abbandonata, perché altrimenti si spegne l'attenzione e sopravvengono pigrizia e sonnolenza. I piedi saranno saldamente appoggiati sul pavimento, per raccogliere le forze che provengono dalla terra ed il busto sarà in posizione eretta, perché la verticalità favorisce la canalizzazione delle energie da e verso l'alto.

Con gli occhi chiusi ascolteremo il nostro respiro; la nostra mente, come normalmente accade, sarà attraversata da mille pensieri: noi non ci legheremo a nessuno di essi, li lasceremo entrare e uscire, scivolare via come la corrente di un placido fiume. In questa atmosfera, i nodi e le tensioni che sono dentro di noi, che ci condizionano e ci opprimono se ne andranno uno a uno, come foglie trascinate da quel fiume. Poco alla volta in noi si formeranno degli spazi vuoti che tenderanno ad ampliarsi sempre più, degli spazi di tranquillità e di pace, simili a piccoli laghi di acqua chiara.

Ecco, siamo riusciti a fermare il lavorio incessante della mente, ad espellere le preoccupazioni. Ora siamo come dei vasi di cristallo, accuratamente svuotati e ripuliti e pronti a essere riempiti da una nuova linfa, da un'acqua di vita che qualcuno verserà. E' il momento in cui abbiamo la predisposizione a conoscere altre realtà o recitare una preghiera con tutto il nostro cuore.

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